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Revista Antonianum
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Foto Schoch Nikolaus , Recensione: CONGRESSO NAZIONALE DI DIRITTO CANONICO XXVI (1994, sett. 12-15, Bressanone-Brixen), Atti del Congresso: Il «bonum coniugum» nel matrimonio canonico {Studi giuridici, n. 40), a cura dell'Associazione Canonistica Italiana , in Antonianum, 72/3 (1997) p. 511-515 .

La presente opera contiene tutte le relazioni del XXVI Congresso Nazionale di diritto canonico dell'Associazione canonistica Italiana, tenutosi a Bressanone dal 12 al 15 settembre 1994.

Vengono esposti i vari aspetti del bonum coniugum sia per quanto riguarda il suo contenuto che per quanto riguarda la sua applicazione da parte della giurispru­denza.

Il primo articolo, di Rinaldo Bertolino, «Gli elementi costitutivi del bonum co­niugum: stato della questione» (pp. 7-32), introduce alla vastissima materia. Dopo il Concilio Vaticano II la legislazione codiciale ha inteso definitivamente superare la definizione illuministico-borghese della modernità sul matrimonio introducendo nel can. 1055, la ordinatio del coniugio cristiano, indole sua naturali, a due beni po­sitivamente ed espressamente enunciati: quello alla procreazione ed educazione della prole e, prima ancora, a quello dei coniugi (9).

II bonum coniugum, una delle novità di più profondo significato nella nuova disciplina matrimoniale canonica, viene definito come pilastro della traduzione sul piano del diritto della concezione personalistica del matrimonio. Il termine bonum coniugum è stato introdotto in modo immediato e unanime dai consultori nello schema del 1977 nell'allora can. 243, destinato a definire la natura del matrimonio e con lo scopo di esprimerne il fine e passò, immutato, nella formulazione definitiva del can. 1055.

Prima del Concilio invece i tentativi personalistici furono condannati, e in spe­cie il tentativo di pareggiare il fine primario della procreazione e quello secondario del mutuum adiutorium dei coniugi (cf. can. 1012 § 2, CIC 1917). Ma anche dopo il Concilio la giurisprudenza fece fatica ad accettare il bonum coniugum come ele­mento essenziale del matrimonio come dimostra la nota decisione del Supremo Tri­bunale della Segnatura Apostolica, coram Quinque Cardinalibus, del 29 novembre 1975, che ritenne il bonum personale coniugum non attinente al fine estrinseco del matrimonio. Solo immediatamente prima della promulgazione del nuovo Codice si giunse all'affermazione: «Bonum hoc esse elementum essentiale matrimonii in fieri passim admittitur» come risulta da una decisione coram Pinto del 19 febbraio 1982.

L'autore si occupa dell'espressione giuridica dell'amore coniugale e della rece­zione della visione interpersonale del matrimonio attraverso il bonum coniugum. L'antropologia moderna considera l'uomo nel suo essere in relazione, dato che si concretizza nella mutua traditio - acceptatio realizzata nell'amore. Dopo aver con­frontato le opinioni di vari autori conclude auspicando che il progresso della scienza canonica e teologica riesca a determinare quando, nel singolo caso, si ab­bia il venir meno del minimo necessario per riconoscere all'altro la caratteristica di coniuge.

Siccome all'articolo manca deplorevolmente l'apparato critico, si raccomanda di consultare il libro dello stesso autore: «Matrimonio canonico e bonum coniugum. Per una lettura personalistica del matrimonio cristiano» (Torino, 1995).

Enrica Montagna presenta, sotto il titolo «Il bonum coniugum: profili storici» (33-61), lo sviluppo dottrinale della questione cominciando con i Padri della Chiesa e in specie con S. Agostino. Nell'alto medioevo viene portata a compimento la teo­ria della duplice istituzione del matrimonio e ne vengono individuate le conseguen­ze, come cause finali principali o necessarie, cioè la procreazione e il remedium con-cupiscentiae, poste sullo stesso piano da un insegnamento di Rufino che farà scuola, mentre si trascura il mutuum adiutorium, collocato tra i fini soggettivi (39). L'autri­ce espone, con la stessa precisione e abbondanza di apparato critico, la dottrina della Scolastica negli esponenti Francescani e Domenicani. S. Tommaso d'Aquino che colloca la procreazione sul piano della legge naturale generica (in quantum ho­mo est animai) e quindi come fine primario, mentre considera il mutuo aiuto dei co­niugi al servizio della famiglia come fine sociale proveniente dalla legge naturale specificamente umana e quindi come fine secondario. Anche il mutuo aiuto tra i coniugi è rivolto a favorire il fine primario della procreazione (42-43).

Brevemente ripassa il periodo meno significativo dal Concilio di Trento al Co­dice del 1917. Riporta minuziosamente le consultazioni della commissione prepara­toria del Codice 1917 e il trionfo dell'insegnamento tomista nel can. 1013 (48-50). Segue il magistero preconciliare, gli innovatori tra gli autori e la loro condanna da parte del S. Uffizio. L'ultimo periodo trattato, dal Vaticano II fino al Codice del 1983, viene sorvolato rapidamente come se non ci fosse spazio per un discorso ap­profondito.

Nel suo insieme e specialmente per quanto riguarda il periodo antico e medie­vale l'articolo presta un notevole aiuto per la comprensione dell'intrecciata storia dottrinale riguardo ai beni coniugali. L'autrice, che riporta in nota tutti i testi cen­trali in latino citati dalle fonti secondo una chiara metodologia, dimostra una vasta conoscenza dei testi giuridici medievali.

Il noto psicologo Gianfranco Zuanazzi interpreta nel suo contributo «Il bo­num coniugum: profili socio-psicologici» (63-78), il contenuto del bonum coniugurn dal punto di vista psicologico nei termini del benessere psico-fisico e del perfezio­namento reciproco dei coniugi (65). Parte dalle attese del singolo coniuge nei con­fronti dell'altro (66) per presentare la sessualità come un luogo privilegiato dell'at­tuarsi dell'amore (67) nella famiglia postmoderna in cui si esaltano gli aspetti affet­tivi ed erotici del legame di coppia, mentre quelli sacrali, giuridici, economici e pro­creativi sono messi in secondo piano o addirittura trascurati. L'eros diventa nomos. Dal matrimonio ci si aspetta la realizzazione delle individualità e la relazione pre­vale sull'istituzione (72). Infine si dedica alla problematica dell'incapacità psichica ad accettare o a realizzare il bonum coniugum (76-78).

Edoardo Davino tratta nell'articolo «Il bonum coniugum: profili pastorali» (79-87); dopo una breve introduzione storica alle ragioni dell'affermazione del bo­num coniugum come valore essenziale del matrimonio, conclude con le raccoman­dazioni per la preparazione remota, prossima e immediata al matrimonio nonché con l'accompagnamento dei coniugi per aiutare a realizzarlo nel matrimonio in fa­cto esse.

Pier Antonio Bonnet tratta sotto il titolo «L'essenza del matrimonio e il bo­num coniugum», basato su una vastissima bibliografia in varie lingue, degli aspetti filosofici cominciando con Aristotele per passare alla Scolastica dopo aver chiarito il valore e significato dei termini «essenza», «fine» e «proprietà essenziale» e dell'es­senza del matrimonio. Egli analizza il dato normativo umano e divino e cerca di comprendere il dato normativo corroborato dal magistero riguardo alla sessualità come relazione e l'essenza del matrimonio in facto esse e conclude con i nessi e le distinzioni tra il bonum coniugum e il bonum prolis, nonché delle proprietà essen­ziali dell'unità e dell'indissolubilità. L'autore propone una solida ricerca interdisci­plinare perché prende in considerazione l'apporto della filosofia, della teologia e anche delle scienze umane che trovano la conferma nel magistero conciliare e at­tuale. L'autore mette in evidenza l'incidenza giuridica dei testi magisteriali che par­lano della donazione reciproca ed integrale della sessualità in modo da rendere l'al­tro contraente, nel susseguente stato di vita che ne deriva, partecipe della propria condizione esistenziale, trasformandosi reciprocamente in marito ed in moglie, per intraprendere un cammino comune come coniugi (134).

Per quanto riguarda l'apporto della teologia l'autore cita numerosi teologi e canonisti medievali come Tommaso d'Aquino e Uguccione da Pisa, Alessandro di Hales, Bonaventura di Bagnoregio, Alberto Magno, Giovanni Duns Scoto ecc. (110). Tra gli autori più moderni citati si trovano anche i rappresentanti più noti delle scienze come Einstein e la sua teoria della relatività (107).

José Maria Serrano Ruiz, nel suo artìcolo «Il bonum coniugum e la dottrina tradizionale dei bona matrimonii» (137-153), parte da Sant'Agostino che conosce oltre ai tre bona più noti anche il bonum coniugis e il bonum viduitatis. Egli, infatti, inserisce il bene del matrimonio e quello della vedovanza nel bene più generale del­lo stato della persona (141).

Pietro Lombardo accoglie la dottrina di Agostino e limita i beni precisamente a tre (143). I principi riguardo il bonum coniugum sono già presenti nelle fonti. Ba­sta farli emergere da una secondarietà imposta, secondo l'autore, dall'indirizzo degli studi precedenti e dalla loro metodologia (147). Il bonum coniugum fa parte implici­tamente della dottrina di S. Paolo, S. Agostino, S. Tommaso d'Aquino e di tutto il patrimonio culturale cristiano (154). Lo specifico del bonum coniugum si configura nel confronto con i tre tradizionali bona matrimonii e si rivela che il bonum coniu­gum è, oltre che personale, innanzitutto interpersonale nel senso che non si può rea­lizzare isolatamente da ognuno dei coniugi, ma insieme con impegno reciproco (151).

Sebastiano Villeggiante presenta sotto il titolo «Il bonum coniugum nella giu­risprudenza postconciliare» (155-212) il più lungo contributo contenuto nell'opera recensita. L'autore nota con stupore il fatto che, mentre negli anni '70 la Rota si vantava di aver saputo precorrere con le sue decisioni perfino disposizioni norma­tive, essa non ha emanato dopo la promulgazione del nuovo Codice né in prima istanza in causa trattata per Commissione Pontificia né in grado di appello una sen­tenza riguardante direttamente il bonum coniugum come capo autonomo di nullità del matrimonio (155).

Bisogna perciò ricorrere alle sentenze emanate per altri capi di nullità che contengono delle affermazioni riguardo al bonum coniugum. L'autore comincia con la notissima sentenza 5 aprile 1973 coram Serrano (156) e percorre la giurispruden­za fino al Codice del 1983. Allora la Rota trattava il problema in genere nell'ambito dello ius ad vitae communionem. Percorrendo la giurisprudenza postcodiciale Vil­leggiante respinge l'opinione, espressa da Pinto nelle sue sentenze, che limitava i di­ritti concessi dai contraenti vicendevolmente nella loro essenza allo ius in corpus e chiamava il bonum coniugum in una sentenza del 1983 onus, termine ritenuto asso­lutamente inaccettabile (159), e nel 1986 come una delle obbligazioni essenziali del matrimonio (166). Mentre Di Felice considera il bonum coniugum come bene esi­stente al di là dei tre beni tradizionali e riconosce che l'esclusione del bonum coniu­gum possa portare ad una simulazione parziale a sé stante (163). L'autore conclude la trattazione della giurisprudenza rotale con una sentenza coram Davino del 23 aprile 1993 e ammette l'esclusione della communio vitae et amoris come simulazio­ne totale (197).

Infine Villeggiante passa alla giurisprudenza dei Tribunali ecclesiastici regio­nali italiani (207) e conclude con le riflessioni circa l'essenza del bonum coniugum e l'incapacità di realizzarlo nonché dell'esclusione del bonum coniugum con atto positivo e la problematica particolare legata all'incompatibilità di carattere (210-211).

Rosario Colantonio si occupa sotto il titolo «La prova della simulazione e del­l'incapacità relativamente al bonum coniugum» (213-256), dei soggetti, dei mezzi di prova e della loro valutazione prima dal punto di vista dottrinale e specialmente per quanto riguarda la confessione giudiziale e extragiudiziale e presenta delle sentenze scelte dei Tribunali ecclesiastici italiani e spagnoli. Egli riporta le varie fattispecie trattate finora dalla giurisprudenza ecclesiastica e applica i principi generali elenca­ti nella prima parte dell'articolo, alla prova della simulazione del bonum coniugum a casi concreti divisi in fattispecie, decisione e prova. Infine si dedica alla prova del­l'incapacità del bonum coniugum che nella giurisprudenza rotale non appare sotto questo nome ma sotto i termini di incapacitas assumendi, di consortium totius vitae, della communio vitae et amoris, dell'intima personarum atque operum coniunctio o dell'inidoneità di instaurare la relatio interpersonal (248-249). L'articolo cerca lo­devolmente di concretizzare le riflessioni teoriche con la casistica.

L'opera si conclude con il contributo «La rilevanza del bonum coniugum nel­l'ordinamento civile» (259-271) di Ginesio Mantuano che confronta il bonum coniugum con i valori matrimoniali consimili negli ordinamenti secolari derivanti essi stessi dalla tradizione canonistica o romanistica. Prende in considerazione partico­larmente la personalizzazione del matrimonio civile secondo le varie riforme della legislazione italiana.

Si tratta, nel suo insieme, del tentativo ben riuscito di affrontare l'argomento assai nuovo e di difficile determinazione giuridica da vari punti di vista per presen­tare gli effetti giuridici della progressiva personalizzazione del matrimonio in specie dopo il Concilio Vaticano II e incoraggia a considerare il bonum coniugum anche come capo di nullità nel caso della sua esclusione o incapacità di realizzarlo. L'o­pera si distingue oltre che per il valore e l'impegno dei vari contributori anche per l'esposizione logica e sistematica della materia e la buona qualità tipografica non­ché la quasi totale assenza di errori tipografici. Esso costituisce un ottimo punto di riferimento sia per gli studiosi che per gli operatori dei tribunali.


 
 
 
 
 
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