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Recensione: San Francesco d’Assisi. Fonti Francescane e rinnovamento conciliare

 
 
 
Foto Oviedo Lluis , Recensione: San Francesco d’Assisi. Fonti Francescane e rinnovamento conciliare, in Antonianum, 87/3 (2012) p. 609-612 .

A cinquant’anni dell’inizio del Concilio Vaticano II si avverte da più parti la necessità di rivedere la storia, i contesti e le tendenze confluiti nella convocazione di quell’assise ecclesiale. Un ambito particolare di analisi fa riferimento alla vita consacrata, forse una delle realtà che ha subito le maggiori trasformazioni correlate a quell’evento. Sarebbe forse troppo complesso valutare nel contesto di uno studio tali cambiamenti, i loro precedenti ed i motivi centrali che vi convergono. Probabilmente un approccio metodologico più adeguato consiste nell’incentrarsi su un “caso di studio”, nel quale possano proporsi in un modo significativo i fattori che poi si ritrovano con maggiore frequenza in tanti altri ambienti di consacrati. La provincia francescana OFM di Parigi appare come una scelta molto ben mirata per tale indagine, dal momento che in essa confluiscono da diversi decenni prima del Concilio impulsi di rinnovamento, destinati a trovare una loro espressione più netta negli anni successivi. Non solo: i dibattiti e le revisioni delle proprie esperienze ed i tentativi di aggiornamento dello spirito francescano propongono altresì modelli che facilmente ritroviamo in altre entità francescane, e persino in molte altre congregazioni religiose.

Nel suo saggio, Buffon prende le mosse dall’analisi del contesto che vide la nascita del libro Saint Francois d’Assise. Documents, comunemente detto Totum (1968), un’opera magna di 1600 pagine che conteneva le principali fonti delle origini francescane, con abbondanza di commenti, introduzioni critiche ed altri strumenti per facilitare la lettura e la ricerca. La pubblicazione viene letta come il punto d’arrivo di un ambiente che già dalla Seconda Guerra Mondiale aveva attraversato diverse esperienze di rinnovamento o di verifica di nuove espressioni di vita consacrata e apostolica. Quella edizione fu anche frutto di personalità e di sforzi di vario tipo in un ambiente che conosce una certa mobilitazione e una costante effervescenza in cerca del modo migliore di incarnare l’ideale francescano e di diffonderlo mediante pubblicazioni mirate.

Il percorso storico inizia con la drammatica esperienza di un gruppo di frati nei campi di lavoro forzato istituiti dal regime nazista, e prosegue nelle forme di “missione” dei preti operai. In ambedue i casi si percepisce lo slancio solidale che porta i frati oltre il convento e le espressioni tradizionali di vita consacrata per aprirsi a nuovi modelli o modi d’intendere la vocazione francescana. Tali scelte mostrano degli spostamenti nella comprensione della missione, che già negli anni Quaranta identifica soggetti diversi da quelli che erano comuni alla pastorale tradizionale e passiva: le periferie delle grandi città, i ceti operai e gli immigrati. Anche alcuni noti teologi facevano pressioni in tal senso, con l’obiettivo di rivedere gli ambiti della missione. Siffatte tendenze sono alla base del noto movimento delle “piccole fraternità” che si espandono negli anni Sessanta, tra difficoltà e momenti di crisi. Sta di fatto che gli sviluppi degli anni Cinquanta e Sessanta producono qualche sconcerto e pongono domande a cui non è sempre facile rispondere (quelle forse più pressanti riguardano l’identità dei francescani e l’unità del carisma in quei tempi convulsi). Preme allora trovare punti di riferimento sicuri che possano garantire stabilità e fedeltà evangelica. A questo punto il ritorno alle origini francescane sembra una delle scelte migliori. Ma una tale risposta poneva pure problemi ermeneutici di non semplice soluzione.

Di grande interesse in questo libro è la revisione storica del processo riflessivo che porta i frati dei decenni prima e dopo il Vaticano II ad affrontare la questione dell’interpretazione della propria vita e del proprio carisma, tra la fedeltà alle origini e gli imperativi dell’attualità, o l’assunzione dei ‘segni dei tempi’ quali criteri che possano diventare normativi nella rilettura delle fonti e nella questione della fedeltà al carisma. è in quest’ottica che si pongono spesso le valutazioni e le scelte di nuove espressioni di vita francescana, come nel caso delle piccole fraternità.

La ricostruzione biografica dei grandi protagonisti di quella Provincia, dagli anni Cinquanta agli Ottanta, offre l’occasione per rivedere aspetti decisionali ed istituzionali che s’innescano nella ricerca di un modello francescano più vivo e attuale. Emergono inquietudini volte ad estendere il raggio della presenza sociale e culturale francescana e ad allargare l’idea di missione in tempi sempre più secolarizzati. Tali fermenti s’intrecciano inoltre con un processo di riflessione che punta ad una valorizzazione delle fonti francescane come punto d’ispirazione. Tutte queste istanze convergono in un nuovo stile di vita francescana, che si esprime nella priorità della fraternità e della contemplazione, nella vicinanza ai poveri, e in uno stile diverso di incarnazione sociale, dove la missione diviene piuttosto testimonianza di vita.

Un capitolo a parte meritano gli sforzi di divulgazione delle fonti francescane.

Colpisce l’immenso sforzo editoriale al quale si assiste in quegli anni, un senso di mobilitazione che poggiava pure su una rete di riviste, un’impresa tipografica, un grande talento gestionale e un deciso slancio verso la diffusione delle nuove idee che maturavano nelle menti dei francescani più dinamici.

L’intreccio tra ispirazione intellettuale e realizzazioni istituzionali si pone più volte come manifesto, per far emergere un ‘sistema’ o delle ‘sinergie’ di grande fecondità. In un simile contesto, la priorità degli Scritti di San Francesco viene chiaramente attestata, ma anche lo sforzo di ‘attualità’ che muove una buona parte di quello sforzo editoriale. Ancora una volta, la tensione tra origini carismatiche o testi fondanti e attualità raggiungeva una massa critica in grado di avviare un gran numero di dinamiche virtuose.

Le vicende di Damien Vorreux e Téophile Desbonnets, curatori del Totum, diventano centrali in questa narrazione, e a loro viene dedicato un capitolo di carattere biografico, corredato da informazioni di grande valore, per lo più tratte da fonti documentarie dirette ed inedite. Sono di grande rilevanza le prese di posizione piuttosto critiche del Vorreux riguardo alle nuove proposte avanzate nelle Costituzioni OFM a seguito del Concilio. Anche il Desbonnets si rifiuta di biasimare i frati tradizionali in nome delle novità ispirate dal ritorno alle fonti; la sua posizione punta ad un sano pluralismo. A mio avviso, questi dati stanno a significare la grande complessità del rapporto tra ripresa delle fonti e scelte di attualità: non era scontato un rapporto lineare che giustificasse un certo orientamento o stile, diciamo, progressista, né il senso del rinnovamento da tanti cercato convergeva su un unico modello. Oltre a ciò, il recensore rimane impressionato dalla ricostruzione dei processi formativi del Desbonnets, nei quali appare estremamente feconda la sua sintesi personale tra gli studi matematici e l’applicazione della analisi statistica alle fonti francescane, con risultati molto incoraggianti. Anche in questo caso una certa complessità di fattori apre a sviluppi di grande respiro storico, che vanno al di là delle semplificazioni spiritualizzanti.

Gli ultimi capitoli del libro sono dedicati alle vicende attorno la pubblicazione del Totum, il suo successo editoriale e la sua ricezione. Nella struttura del percorso offerto, ciò appare non solo come un punto di arrivo, ma pure di ripensamento dell’intero processo e di progettualità. Il voluminoso libro in cui si raccolgono le fonti francescane diventa allora una “carta d’identità” dell’Ordine, e persino una specie di ‘canone’ o punto di riferimento pressoché assoluto per definire l’autenticità francescana. Sabatier viene ripreso in quel contesto come ispiratore di una siffatta operazione di sgombero di inutili appendici.

Tuttavia, alcuni dei protagonisti della generazione immediatamente posterio re, come Matura e Flood, esprimono alcune perplessità riguardo a manovre tendenti ad ignorare i ricchi apporti dell’intero movimento francescano. Pari preoccupazioni destano il rischio di un ‘fissismo’ francescano sulle origini che impedirebbe un sano sviluppo.

La conclusione espone diverse ipotesi di valutazione dell’opera editoriale culminata nella pubblicazione del Totum, che puntano sia ad una ripresa delle origini, da leggere anche in senso tradizionale, che a chiavi di attualità e di trasformazione.

Difficile rispondere alle diverse domande formulate da Buffon e testare le diverse risposte. In definitiva, pare che i fatti abbiano dato ragione a coloro che puntavano maggiormente sul recupero del francescanesimo genuino, quello storico, e meno a quelli che potevano esagerare nei loro sforzi per diventare attuali.

Il libro di Buffon è sommamente istruttivo ed imprescindibile per chiunque desideri comprendere i risvolti dei decenni convulsi in cui si visse il Vaticano II in casa francescana, i tentativi di rinnovamento e le varie esperienze tese a conferire una nuova rilevanza allo spirito francescano. La narrazione a più livelli consente una ricostruzione personale delle diverse istanze che entrano in gioco e che danno avvio al Totum, quale espressione delle ansie e delle aspettative di quel tempo.

Il recensore non può comunque nascondere la propria perplessità riguardo la storia successiva, quella non narrata in questo dettagliato saggio, ma che può contribuire a ripensare l’intera vicenda storica. La domanda – in forma semplice – è: che ne è stato di tutto quello slancio, di quei tempi di grande mobilitazione, ricerca, dibattiti e proposte? A giudicare dalla posterità di quel modello francescano sorgono molti dubbi. Infatti pare che la linea che si è imposta nella maggioranza dell’ambiente francescano francese si sia chiaramente allontanata dallo spirito che nutrivano i principali protagonisti del Totum. Sta di fatto che altri ordini tradizionali in Francia conoscono una certa vitalità – in contrasto con l’OFM – per non parlare della moltitudine di nuove forme di vita consacrata nate in quell’ambiente. E allora, come mai quel movimento francescano tanto vivace, e che diede frutti di così grande portata, è avviato verso l’estinzione? Quale fenomeno negativo, nell’ambito della tensione tra origini ed attualità può spiegare l’inarrestabile declino vissuto nei decenni successivi alla pubblicazione del Totum? Probabilmente il libro di Buffon richiede un prolungamento in grado di rispondere a queste ed altre domande