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Recensione: Luigi Sabbarese, L'ammissione negli Istituti religiosi. Cenni storici, ricerca delle fonti e legislazione vigente

 
 
 
Foto Etzi Priamo , Recensione: Luigi Sabbarese, L'ammissione negli Istituti religiosi. Cenni storici, ricerca delle fonti e legislazione vigente , in Antonianum, 70/2 (1995) p. 316-319 .

La IX Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi su « La vita re­ligiosa e la sua missione nella Chiesa e nel mondo » celebrata nella Città del Va­ticano dal 2 al 29 ottobre 1994, essendo un autentico evento ecclesiale ha stimolato molti studiosi delle varie discipline sacre ed umane a concentrare la propria atten­zione e la propria riflessione sulla vita consacrata. Ne è seguita una vasta, varia e in alcuni casi preziosa produzione letteraria. Lo studio che ci accingiamo a recensire si colloca appunto in questo flusso di interesse pubblicistico.

Scopo del libro - secondo quanto riferisce l'autore - è quello di tentare una presentazione dell'istituto giuridico dell'ammissione dalla sua nascita fino al suo consolidamento nella storia della vita consacrata e nel diritto della Chiesa.

L'ambito della ricerca è limitato all'atto dell'ammissione al noviziato seguendo la traccia della normativa codiciale: requisiti, condizioni e qualità dei candidati, at­testati, documenti e informazioni, superiori competenti.

L'autore ha proceduto su due binari distinti e tuttavia reciprocamente connes­si. Il primo binario è rappresentato da un excursus storico sull'evoluzione della nor­mativa canonica che, risalendo praticamente alle origini della vita religiosa spiega la legislazione codiciale (CJC/17) in materia. Le leggi non nascono ex nihilo: spesso i fatti le precedono, talvolta le forzano a mutamenti, sovente le accompagnano;per-tanto è lodevole l'iniziativa dell'autore di attingere direttamente alle fonti anche se non ci sembra del tutto corretto parlare di « ricerca delle fonti » (cfr. sottotitolo dell'opera), in quanto quelle riportate dall'autore sono tutte edite, sufficientemente note ed indagate;a nostro parere sarebbe stato meglio scrivere di « rimando (o ri­ferimento) alle fonti ».

Il secondo binario è costituito da un'analisi dello sviluppo dottrinale e norma­tivo dal Codice pio-benedettino a quello vigente che attraverso i vari pronuncia­menti ecclesiali illustra, per sommi capi, le varianti introdotte nel progressivo defi­nirsi del rinnovamento con speciale riferimento ai pronunziamenti del Concilio Va­ticano II e ai documenti applicativi che lo seguirono.

Lo studio si compone di due parti. La prima parte si occupa della « origine e sviluppo della normativa sull'ammissione presso le Congregazioni religiose dal Concilio di Trento al CIC/17 » ed è costituita da tre capitoli.

Nel primo capitolo si parla, molto genericamente e con qualche accomoda­mento, delle « Congregazioni religiose ». Sorge spontaneo chiedersi perché, visto che la differenza maggiore tra queste congregazioni e gli ordini religiosi « tradi­zionali » è rappresentata dalla professione {voti semplici per le prime, voti solenni per i secondi) piuttosto che dalle norme sull'ammissione al noviziato e conside­rato anche che lo stesso autore tratta in seguito degli Istituti religiosi simpliciter, cioè senz'altra distinzione circa le forme di vita consacrata. Ci permettiamo inol­tre di rilevare che quanto afferma l'autore circa i provvedimenti del Concilio La-teranense IV non è criticamente né storicamente esatto; egli scrive: « Nel Me­dioevo non era possibile incoraggiare,tanto meno approvare nuove forme di vita consacrata a causa del Concilio Lateranense IV del 1215 che limitò a quattro gli ordini religiosi e vietò la fondazione di nuovi ordini senza l'approvazione della Santa Sede » (pp. 20-21). In realtà il Medioevo fu tuttaltro che avverso alle nuo­ve forme di vita consacrata e ai nuovi ordini! Si pensi, per esempio, ai Camaldo­lesi, ai Cistercensi, ai Vallombrosani etc. tutti nuovi ordini nati in seno all'istitu­zione di religione monastica che aveva nella Regula Benedicti la sua regola istitu­zionale. Che dire poi della istituzione di ordini religioso-cavallereschi (Ospitalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, Templari etc.)? Come tacere poi dei vari movi­menti pauperistici penitenziali, del fenomeno del beghinismo, della politica di re­cupero iniziata da Innocenzo III (1198-1216) nei confronti dei movimenti anti-ecclesiastici ed eterodossi con l'approvazione di vari Proposito per i membri di questi che desideravano tornare alla piena comunione con la Chiesa di Roma conducendo vita religiosa (Umiliati, Poveri Cattolici, Poveri Lombardi etc.)? Co­me dimenticare infine {'istituzionalizzazione della religione apostolica con la fonda­zione dell'ordine dei Frati Minori, dei Frati Predicatori e, in seguito, degli altri ordini mendicanti che a detta del cardinale Giacomo da Vitry. (+ 1240) - defi­nito da G. Schreiber, Gemeinschaft des Mittelalters, Miinster in W., 1948, p. 402 « il più acuto osservatore della vita canonica e monastica del suo tempo » - fece sì che la quadratura del fondamento di coloro che vivono sotto una regola (regu­lariter) fosse stabilito in perfetta solidità: « Praedictis tribus heremitarum, mona-chorum, canonicorum religionibus, ut regulariter viventium quadratura fundamenti in soliditate sua firma subsisteret, addidit Dominus in diebus istis quartam religionis in-stitutionem, ordinis decorem et regulae sanctitatem » (in J.F. Hinnebusch (ed.), The Historia Occidentalis of Jacques de Vitry. A criticai edition, Fribourg-Switzerland 1972, p. 158)? Non possiamo dilungarci oltre, per cui rimandiamo, tra gli altri, al celebre e fondamentale studio sull'argomento di Herbert Grundmann Religióse Bewegungen im Mìttelalter (l.a ed. Berlin 1935; 2.a ed. riveduta e aumentata, Dar­mstadt 1961); ci preme solamente sottolineare che simile svarione, divenuto or­mai luogo comune supinamente accettato anche da « grandi nomi », deriva dalla erronea lettura e interpretazione della famosa Costituzione 13 del Lateranense IV intitolata De novis religionibus prohibitis, la quale limita a quattro non gli ordini ma le istituzioni di religione le quali si qualificano come modalità specifiche della sequela Christi.

Le quattro grandi « religioni » o « istituzioni di religione » (eremitica, mona­stica, canonicale e apostolica) sono alla base della qualificazione teologica e giuri­dica di tutti gli ordini e di tutte le congregazioni religiose,in quanto questi sono ne­cessariamente « fondati » su di esse.

Nel secondo capitolo viene proposta una necessaria digressione circa la legi­slazione sull'ammissione vigente prima del Concilio di Trento,a partire dal mona­chesimo. Si tratta di uno sguardo fugace che l'autore getta sulla vastissima landa della storia della vita consacrata e di un suo preciso, importante istituto e non po­trebbe essere altrimenti, considerata l'ampiezza del tempo preso in esame: circa do­dici secoli! Nondimeno ci sembra una notevole lacuna che egli passi sotto silenzio il fatto che con l'avvento dei Frati Minori e dei Frati Predicatori il noviziato venne imposto, per la prima volta nella storia della vita consacrata, per la validità dell'a­scrizione dei sodali all'ordine (cfr. Costituzione di Innocenzo IV « Non solum » del 17 giugno 1244 - che reiterava la Costituzione di Onorio III « Cum secundum con-silium » del 22 settembre 1220 - in Liber Sextus Bonifacii Vili, c.2, III, 14) anzi, se­condo alcuni autori (per esempio F. Wernz-P. Vidal, lus Canonicum ad Codicis normam exactum, tom. Ili, Romae 1933, p. 230, nota 4; T. Schaefer, De Religiosis, Romae 1947, ed.4, p. 491, n. 878; F. Ab Aldeaseca, De Admissione Novitiorum, Val-lìsoleti 1951, p. 15; I. Chmiel, De Magistro Novitiorum, Augustae Taurinorum 1953, p. 43, note 232 e 236) per la validità della stessa professione. In seguito Bonifacio Vili avrebbe esteso a tutti gli ordini mendicanti questa norma.

Il capitolo terzo entra più propriamente in argomento, racchiude infatti « L'insegnamento dei Romani Pontefici e gli interventi delle Congregazioni roma­ne dopo il Concilio di Trento » in materia di ammissione al noviziato.

La seconda parte del libro prende in esame la legislazione relativa all'ammis­sione dal CJC/17 al CJC/83 e si compone di quattro capitoli.

Il primo capitolo analizza la normativa del Codice del 1917 ed introduce al se­condo capitolo che tratta dello sviluppo dottrinale e normativo postcodiciale e muove i primi passi sull'itinerario del rinnovamento: presenta infatti le istanze pre­conciliari, conciliari e postconciliari. L'autore si limita ad analizzare tra la vasta messe di documenti ecclesiali e di interventi magisteriali, solo quelli che sono espressamente annoverati tra le fonti della normativa in questione nel Codice vi­gente.

Nel terzo capitolo si segue l'iter che ha portato alla formulazione delle attuali norme in materia di ammissione, soffermandosi specialmente a considerare le reda­zioni e le revisioni dei canoni secondo gli Schemi della Pontificia Commissio Codici Juris Canonici recognoscendo del 1977, 1980 e 1982.

La normativa sull'ammissione nel Codice di Diritto Canonico del 1983 è pre­sentata nel capitolo quarto.



 
 
 
 
 
 
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