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Recensione: RICHARD CROSS, Duns Scotus

 
 
 
Foto Conti Alessandro , Recensione: RICHARD CROSS, Duns Scotus , in Antonianum, 76/2 (2001) p. 352-354 .

Il volume di Richard Cross dedicato a Scoto vuole essere un’agile presentazione della vita e dell’opera di Duns Scoto largamente fruibile non solo da parte degli specialisti della filosofia e della teologia scolastiche, ma anche da chi voglia accostarsi al sistema del Doctor Subtilis senza un previo bagaglio di conoscenze specifiche concernenti il pensiero medievale. Scritta con grande chiarezza e lucidità in uno stile filosofico di evidente matrice ‘analitica’, questa monografia si segnala in particolare per chi voglia avere una conoscenza sufficientemente solida ed approfondita delle tesi principali della teologia scotista e delle sue differenze con quella dell’Aquinate, mentre risulta non del tutto soddisfacente per chi vi cercasse una esposizione sistamatica della filosofia di Scoto e del suo valore nel quadro della storia del pensiero medievale – valore che fu notevolissimo, derivando in buona sostanza dal suo tutti i principali sistemi realisti del secolo XIV. La filosofia scotista, infatti, rimane come sullo sfondo di questa esposizione, che sembra essere stata pensata principalmente come una introduzione alla teologia sacra del Doctor Subtilis, introduzione nella quale le teorie filosofiche risultano gregarie e/o complementari rispetto agli argomenti e alle teorie teologiche. Infatti nessuno dei grandi temi della metafisica scotista (univocità dell’ente, realismo delle essenze, rifiuto della distinzione reale tra essenza ed essere, individuazione per differenza individuale, distinzione formale, minimo grado di attualità della materia prima) vi viene affrontato di per se stesso, ma solo ‘di scorcio’, in riferimento aIle principali questioni teologiche e sempre e solo nella misura in cui certi concetti e schemi filosofici sono necessari per la comprensione di tali questioni.

Il volume consta di undici capitoli, ampiamente corredati di note e ricchi di riferimenti diretti ai testi. Il primo capitolo, dedicato alle concezioni della filosofia e della teologia di Scoto e ai muti rapporti tra le due discipline all’interno del suo sistema di pensiero, funge da introduzione generale. Il secondo, che riguarda la dimostrazione dell’esistenza di Dio e la Sua natura, con particolare riferimento a semplicità e unicità, è, con il settimo, quello che ha il maggior respiro filosofico. Vi vengono infatti analizzati con rigore logico ed una certa sensibilità storica gli argomenti presentati dal Doctor Subtilis a sostegno della tesi dell’esistenza di Dio. Di carattere strettamente teologico sono anche i capitoli tre, quattro e cinque: Cross vi presenta l’esame che Scoto compie degli attributi divini della perfezione e dell’infinità (cap. 3), e dell’onniscienza e dell’onnipotenza in ordine alla creazione (cap. 4), e i chiarimenti che il maestro francescano offre del dogma della Trinità, con particolare riferimento alla costituzione delle tre Persone divine (cap. 5). All’antropologia teologica è invece dedicato il sesto capitolo, nel quale vengono chiarite le soluzioni scotiste ai problemi dell’unione dell’anima con il corpo, dell’immortalità dell’anima e della resurrezione dei corpi. Molto interessante la trattazione del rapporto tra intelletto, volontà, libertà umani e peccato sviluppata nel settimo capitolo. In quella che è certamente uno dei problemi più dibattuti della storiografia scotista, quello cioè della corretta interpretazione delle sue teorie etiche, Cross, il quale comunque non rende conto che in minima parte della ricca discussione in proposito, offre una interpretazione del tutto personale (pp. 89-95) che potrebbe aprire una nuova direzione nella ricerca. Secondo lo studioso inglese, a proposito del problema della naturalità o meno della legge morale, Scoto, pur non professando le tesi tipiche dei ‘naturalisti’, per i quali i precetti morali sono di per se stessi intrinsecamente e universalmente validi e necessari, non sosterrebbe nemmeno, come invece gli è stato tradizionalmente attribuito, una teoria ‘del comando’, per la quale il valore etico della condotta umana consisterebbe esclusivamente nella conformità alla legge liberamente stabilita da Dio – la distinzione tra bene e male, tra giusto e ingiusto derivando così dagli insondabili decreti della volontà divina –, ma una sorta di terza via distinta dalle due precedenti. Cross osserva infatti che tutte le teorie del ‘comando’, comunque formulate, implicano che l’ordine di Dio sia condizione necessaria perché una determinata azione umana risulti moralmente buona, mentre sarebbe abbastanza evidente che Scoto non sostiene questa tesi. Secondo Cross, infatti, il Doctor Subtilis affermerebbe (i luoghi citati sono Ordinatio II, d. 40, q. unica; Quodlibetum, q. 18; e anche Ordinatio I, d. 17, p. 1, qq. 1-2) che un’azione risulta moralmente buona quando è conforme alla recta ratio, quando cioè è adeguata al fine morale che la ragione ci detterebbe – il comando divino finendo dunque con l’essere semplice condizione sufficiente per l’eticità di un atto. L’ottavo capitolo è dedicato ai temi della predestinazione, del merito e della grazia. Il nono concerne il problema centrale della cristologia: la duplice natura, divina e umana, del Cristo nell’unicità della persona (divina). Il decimo riguarda ancora temi in qualche misura cristologici, analizzando la spiegazione che Scoto elabora dei dogmi dell’incarnazione, della redenzione e la sua appassionata difesa dell’immacolata concezione di Maria. L’undicesimo, infine, è dedicato alla dottrina sui sacramenti.

Una breve appendice in cui si accenna appena alla dottrina dei trascendentali e a quella relativa alla distinzione formale, una bibliografia selezionata (forse eccessivamente ristretta), un index locorum e un ben articolato indice degli argomenti chiudono questo volume, che, nei limiti già chiariti, si rivela uno strumento utile e prezioso per chiunque desideri documentarsi con serietà e rigore sulla teologia di Scoto.

 



 
 
 
 
 
 
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