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                   Libri nostri: MARCO ADINOLFI, Il sacerdozio comune dei fedeli , 
                       
                   
                                      in 
                       Antonianum, 58/2-3 (1983) p. 513 
                   
                                      
                                      
                   
                   
                                      
                   
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	Il volume si articola in cinque capitoli. 
	Il primo, introduttivo, sui precedenti antico testamentari del sacerdozio comune, analizza i tre testi capitali, Es 19,6; Is 61,6; 2Mac 2,17, e ne deduce che gli Israeliti, in quanto collegialmente sacerdoti, erano ministri della Parola e del culto. 
	Passando al N.T., il secondo capitolo tratta del nuovo sacerdozio. Intimamente uniti a Cristo, unico sacerdote dell'era escatologica, i cristiani tutti sono chiamati sacerdoti in Ape 1,5-6; 5,9-10; 10,6, mentre lPt 2,1-10 parla del sacerdozio dei fedeli in un brano, colmo di citazioni dell'A.T., che è stato definito una « ecclesiologia sacerdotale ». 
	Incorporati a Cristo, i cristiani sono il nuovo tempio: è l'oggetto del terzo capitolo. Lo si evince da numerosi passi paolini, tra cui ICor 3,9-17; 2Cor 6,14-16; Ef 2,11-12. 
	Il quarto capitolo prova come la comunità escatologica dei credenti, in comunione con Cristo, realizza il culto nuovo predicato e praticato da Gesù (Rm 12,1; FU 2,17; 3,3; 4,18; Ef 5,1-2, ecc.). 
	L'ultimo capitolo, il quinto, illustra gli aspetti del sacerdozio comune. Il quale è realtà concreta e cristiana: « è sacerdozio di primo grado, non superato da nessun altro sacerdozio ». E' realtà cristocentrica: fondata su Cristo, viene esercitata per mezzo di lui. E' realtà cultuale, collegata ai sacramenti dell'iniziazione cristiana e a quello dell'eucaristia. E' realtà profetica, in quanto i fedeli, prolungando l'aspetto profetico del sacerdozio di Cristo e mossi dalla luce e dalla forza dello Spirito Santo, sono chiamati alla testimonianza della parola a servizio dei lontani e dei vicini. E' realtà mediatrice, infine, perché i cristiani rappresentano Dio presso i non cristiani, e i non cristiani presso Dio: rappresentano e mediano con la testimonianza profetica e le preghiere. 
 
               
                              
                              
                            
                            
                                                        
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