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Revista Antonianum
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Foto Nobile Marco , Recensione: PAUL POUPARD, Dictionnaire des Religions, in Antonianum, 59/3-4 (1984) p. 667-668 .

Quell'epoca d'oro della Chiesa, animata dal Concilio Vaticano II, ha prodotto nel suo spirito d'amore e di comprensione universale, tra gli altri, un documento importante riguardante la relazione della Chiesa con le religioni non cristiane: la « Nostra Aetate ». E' in tale contesto che si situa l'ispirazione di questo grosso volume di storia delle religioni destinato al grande pubblico colto. Esso unisce il carattere dell'alta divulgazione alla precisione scientifica delle varie voci (il Dizionario ha scelto il metodo alfabetico di presentazione delle varie espressioni del fenomeno religioso). Del resto, la fucina di preparazione è stata la collaborazione di più istituti universitari prestigiosi (p. IX), che hanno offerto l'opera di molti spe­cialisti.

La complessa materia è stata suddivisa e sottoposta previamente alla riflessione di cinque sezioni: scienza delle religioni, religioni antiche, Bibbia e giudaismo, il cristianesimo e la sua storia, religioni attuali del­l'Africa, dell'Asia e dell'Oceania. Tale distribuzione di compiti ha favorito la selezione e il coordinamento delle informazioni scientifiche, che, come si può immaginare, sono innumerevoli. Il livello delle voci non è sempre uguale, ma ciò è inevitabile sia a causa della vastità del territorio investi­gato, nel quale convergono la storia, la sociologia, l'etnologia, l'antropologia, la psicologia, la filosofia e la teologia, sia al metodo alfabetico adoperato, il quale, agli aspetti positivi affianca dei limiti come questo.

Ad ogni modo, il Diozionario non solo si consulta, ma si legge anche con godimento. Esso è aggiornato (vedi ad es. la voce « Ebla » alle pp. 476-478); contiene a volte delle vere e proprie monografie, come le voci «Bible» (pp. 163-171), «Islam» e «Islam en Afrique noire » (pp. 810-818),  « Hindouisme » (pp. 704-708), « Bouddhisme », articolato in più voci svolte da più autori (pp. 198-206), ecc.; offre delle tematiche originali e stimolanti come « Religion populaire » (pp. 1429-1434).

Un'opera così vasta non può essere commentata nei dettagli.

Si vorrebbe solo rilevare un elemento di disagio. E' comprensibile che quest'opera, nata in ambito cattolico, dia un ampio spazio alle voci bibliche e teologiche cristiane: è una candida e legittima confessione della fede che la ispira. E' meno comprensibile, invece, il non irrilevante spazio lasciato a voci certo interessanti, ma il cui « topos » non ci sembra essere un dizionario di storia delle religioni. Ci si riferisce a voci come « Paul VI » (pp. 1286-1289), più estesa di « Israel (Religion d') » (pp. 819-821); « Anthropologie chrétienne de lean Paul II» (pp. 58-60); «Jean Guitton» (680-682), ecc. L'ideazione dell'opera e la sua concreta realizzazione ci sembrano già un frutto troppo benedetto per lasciarlo sospettare da qual­che malevolo d'« ideologia ».

 

 


 


 
 
 
 
 
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