Merino Josè Antonio ,
Presentazione,
in
Antonianum, 64/1 (1989) p. 5-6
.
Il grande solitario di Konigsberg, Immanuel Kant, diceva in uno dei suoi ultimi colloqui: « Con i miei scritti sono giunto, in anticipo di un secolo, al momento al quale si dovrebbe arrivare. Soltanto fra cento anni cominceranno a comprendermi correttamente e allora sì studieranno i miei libri e si riconoscerà il mio valore ». Benché sia evidente che il filosofo prussiano cercasse la fama e l'immortalità, io non penso che ci sia pedanteria in questa dichiarazione, bensì la previsione e l'anticipazione storica del genio, giacché ogni pensare profondo è capace di anticipare.
Il pensiero kantiano domina ampiamente nella filosofia moderna e contemporanea e, come diceva il poeta Schiller, « Kant ha nutrito un gran numero di mendichi come un ricco generoso ». Grandi mendichi come Fichte, Schelling, Hegel, Husserl, etc. e mendichi anonimi che non vogliono riconoscere esplicitamente il loro benefattore. E' sorprendente constatare che talvolta i libri più studiati, analizzati e che più hanno influito nei due ultimi secoli si chiamano Critica della ragion pura, Critica della ragion pratica e Critica del Giudìzio. Con le sue tre Critiche Kant ha condizionato tutto il pensiero moderno. La sua architettonica del sapere umano, la sua teoria critica della realtà, la sua concezione etica e la instaurazione antropologica della sua metafìsica stanno alla base della mentalità moderna. Nel pensare da se stesso, determinarsi da se stesso e realizzare da se stesso consiste la radicale eticità della filosofìa kantiana. Quando si studia e si analizza la totalità dell'opera di Kant emergono immediatamente grandi problemi. Uno di questi è la libertà, che forse è il problema fondamentale di tutto il pensiero kantiano. Come è possibile la libertà? Tutta l'etica kantiana è una risposta a questo interrogativo. Nei suoi scritti la libertà si presenta come una grande questione e come un problema limite. Il mondo etico trascende il mondo delle apparenze o del fenomeno per aprirsi al mundus intellegibilis o noumenale. Non si tratta di recuperare con la ragione pratica quello che la ragion pura ha distrutto, come si sente ripetere frequentemente, bensì di captare e di comprendere come realtà vera quel che la ragion pura ha dichiarato possibile.
Con grande acume dice Ortega y Gasset che «l'etica in Kant si fa patetica e si carica della emozione religiosa di cui è priva una filosofia senza teologia ». Tuttavia l'etica si presenta come autentica ed essenziale disciplina dell'universo filosofico, dalla quale mai si può prescindere o rinunciare e nella quale in un modo o in un altro si pensa anche in quei casi nei quali si pretende negarla.
L'etica non è scienza o filosofia dell'essere ma di quél che deve essere o deve farsi. E questo dover essere o dover fare reclama la presenza o il ricorso di tutte le possibilità umane tanto intellettuali come volitive giacché, in ultima analisi, è tutto l'uomo che si sente implicato e complicato nell'azione etica.
Per la celebrazione del secondo Centenario della pubblicazione della Critica della ragion pratica (1788-1988) la Facoltà di Filosofia del Pontificio Ateneo Antonianum di Roma ha organizzato un Seminario sull'etica kantiana, nella sua propria sede nei giorni 23, 24 e 25 novembre del 1988. Ora si pubblicano le relazioni che Professori di diverse Università hanno svolto, ai quali siamo sinceramente grati per i propri contributi sopra diversi aspetti dell'etica di Kant. Ringraziamo nello stesso tempo l'Ambasciata tedesca presso la Santa Sede per il suo contributo economico per la pubblicazione di questo volume.
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