Papez Viktor ,
Recensione: Stato e Chiesa nell'Unione Europea (Gerhard Robbers ed.). In collaborazione con il Consorzio europeo di ricerea sui rapporti tra Stati e confessioni religiose ,
in
Antonianum, 73/1 (1998) p. 179-181
.
La sollecitudine di Papa Giovanni Paolo II per l'Europa è stata espressa fin dall'inizio del suo Pontificato invitando spesso i politici e i cittadini al recupero dell'identità e delle radici cristiane del Vecchio continente. L'unificazione dell'Europa, al di là degli accordi economici, tecnici, militari e politici, deve avere il suo fondamento in un rinnovamento spirituale e morale della cultura occidentale. La Chiesa, secondo il Papa, può aiutare l'Europa a ritrovare la sua anima, le sue radici e a scoprire rettamente la sua vocazione nella comunità internazionale dei popoli. Soltanto nel rinnovamento dei valori comuni ai quali Europa deve la sua stessa storia, il suo prezioso bene culturale e la sua missione, il Vecchio Continente può trovare nuovamente se stesso.
In questo contesto si inserisce, in un certo senso, il libro Stato e Chiesa nell'Unione Europea. I contributi di 18 autori di diverse nazioni europee presentano in forma sintetica e chiara i differenti sistemi di diritto ecclesiastico degli Stati membri dell'Unione europea. La Chiese del Vecchio Continente possono svolgere un ruolo particolare nel processo d'integrazione dell'Europa perchè costituiscono una parte importante della cultura europea e possono contribuire al crescere di un'Europa costruita sulle comuni tradizioni costituzionali, culturali e sulle loro identità nazionali. Sicché integrazione dell'Europa sta acquistando un'importanza sempre maggiore anche per la posizione delle Chiese del Vecchio continente.
L'ordinamento giuridico dell'Unione Europea ha dedicato fin ora una scarsa attenzione al diritto ecclesiastico; infatti i termini «Chiesa, comunità religiosa» non vi compaiano perchè l'unificazione europea è stata concepita prevalentemente come un processo economico. L'unificazione economica è ora molto avanzata; ma, adesso, non è più possibile trascurare le componenti culturali, sociali e i settori che riguardano direttamente o indirettamente le Chiese. Vi sono infatti poche aree del diritto dove esperienze storiche, fattori emotivi e convinzioni di principio esercitano un'influenza così diretta come nel diritto che regola i rapporti tra la Chiesa e lo Stato. La diversità dei sistemi di diritto ecclesiastico nell'Unione Europea rispecchia la diversità delle culture e delle identità nazionali. Le diversità di questi sistemi presentano, però, anche una radice unitaria che ha il carattere della cristianità (p.349). La Riforma e le successive guerre di religione (XVI e XVII sec.) e l'assolutismo del XVII e XVIII secolo hanno condizionato i vari sistemi di diritto ecclesiastico e hanno creato i tre tipi fondamentali del sistema di rapporti tra la Chiesa e lo Stato. Il primo è caratterizzato dalla presenza di una Chiesa di Stato e da stretti legami tra l'autorità civile e l'autorità della Chiesa (Regno Unito,Danimarca, Grecia, Svezia, Finlandia). In alcuni Stati (Francia, Olanda, Irlanda) è presente una rigida separazione dello Stato dalla Chiesa. Il terzo modello è contraddistinto da una sostanziale separazione tra Stato e Chiesa, ma al tempo stesso ammette l'esistenza di molteplici funzioni e attività comuni tra di loro (Belgio, Spagna, Italia, Austria, Portogallo). Alle Chiese è riconosciuta la libertà di azione e la religione è considerata un elemento importante della vita sociale. Si avverte una tendenza generale verso l'ammissione di un diritto di autodeterminazione delle comunità religiose e la libertà religiosa viene intesa come diritto individuale e generalmente riconosciuto.
Nell'ordinamento giuridico dell'Unione Europea che tende anche al miglioramento della qualità della vita umana (art. 2 TUE) sono presenti tracce che direttamente o indirettamente toccano anche le Chiese ossia il loro diritto ecclesiastico: le questioni dell'educazione, della cultura, dell'economia e del lavoro, del diritto tributario e sociale, i mezzi di comunicazione sociale.
I primi elementi di un diritto ecclesiastico europeo sono visibili soprattutto sul campo del diritto individuale o collettivo alla libertà religiosa e della tolleranza verso le diverse religioni, la proibizione di ogni discriminazione (razza, religione, sesso); la protezione, pressoché in tutti gli Stati europei, del riposo festivo che è basato su tradizioni di natura religiosa; il diritto delle Chiese ad organizzarsi e a svolgere servizi, attività educative e i propri riti religiosi; il diritto di autodeterminazione delle Chiese che richiede la lealtà dei suoi dipendenti che non possono comportarsi in pubblico in modo da danneggiare seriamente gli interessi delle Chiese; il rispetto dell'identità nazionale che è stata sempre sotto l'influsso molto forte delle Chiese, la tutela del pluralismo culturale e dell'eredità culturale comune dell'Europa; il rispetto delle istituzioni educative delle Chiese come le scuole private, le facoltà teologiche e le accademie ecclesiastiche, i corsi di insegnamento della religione godono del sostegno previsto dal diritto comunitario.
Dunque anche dalle Chiese dipende l'esistenza del processo di unificazione europea. Il diritto comunitario non deve monopolizzare le comunità religiose né deve sradicare le loro differenze. Qualsiasi diversa soluzione provocherebbe l'opposizione delle Chiese e porrebbe in pericolo l'unificazione europea (pp. 354-359).
Il presente libro, che è stato pubblicato in diverse lingue - anche questo è un argomento della sua qualità e attualità - è un contributo notevole alla conoscenza della situazione attuale dei rapporti tra le Chiese e gli Stati nell'Unione Europea indicando anche le tracce più importanti di un «diritto comunitario ecclesiastico» dell'Europa unita senza il quale essa resterebbe fondata prevalentemente sull'economia.
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