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Rivista Antonianum
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Foto Paczowski Celestyn M. , Recensione: PH. G. Renczes, Agir de Dieu et liberté de l'homme. , in Antonianum, 79/1 (2004) p. 176-178 .

Massimo il Confessore è ritenuto l’esponente più illustre delle ardue problematiche dell’età bizantina. La riscoperta del suo pensiero filosofico e teologico continua soprattutto tra i ricercatori della cerchia francese. In questa linea va inserito l’ultimo studio di Ph.G. Renczes, docente alla PUG. Il volume intitolato Agir de Dieu et liberté de l’homme è un lavoro presentato per ottenere il grado di dottorato. L’A. premette di seguire la via della sintesi del pensiero massimiano rivelatosi particolarmente importante nel campo polemico–teologico. Il Confessore propone una dottrina maestralmente elaborata della divinizzazione dell’uomo che è il fondamento della visione teologica del mondo. Questo concetto classico della spiritualità patristica greca nell’opera massimiana è presentata come via di graduale progresso dall’“essere” (το ειναι) all’“essere buono” (το ευ ειναι ) per arrivare poi all’“essere sempre sussistente nel bene” (το αει ειναι). La divinizzazione si attua secondo questo ritmo spartito in tre tappe. L’A. si è proposto di studiare questo processo secondo le articolazioni delle nozioni di “operazione” (ενεργια) e di “condizione abituale” (εξις). Bisogna tenere ben presente questo impianto strutturale del libro per non perdersi, soprattutto da parte dei non addetti ai lavori, nei meandri di minuziosi studi sulla terminologia usata da Massimo il Confessore. Il Renczes si addentra nell’analisi di “operazione” e di habitus - e εξις e le loro reciproche relazioni e condizionamenti. È indovinata la divisione tripartita di tutta la monografia (questioni ontologiche, di carattere etico e teologico). L’A. del volume tiene conto del fatto che il pensiero di Massimo rappresenta una felice sintesi, in cui elementi di ispirazione classica (in particolare aristotelica) e patristica (specialmente areopagitica) sono fusi in una personale visione dottrinale cristiana, in cui le categorie filosofiche sono ripensate alla luce della rivelazione. Il Renczes avvicina il lettore alla specificità del linguaggio, presentando un saggio di traduzione del termine evne,rgeia (cf. pp. 35-44). Lo stesso processo viene ripetuto con εξις (cf. pp. 191-193). Il concetto di operazione viene analizzato secondo le linee della tradizione filosofica greca (Aristotele e neoplatonici, cf. pp. 45-84), le concezioni bibliche (cf. pp. 85-98) e la tradizione patristica (cf. pp. 99-126) in cui spiccano i Cappadoci e Dionigi Aeropagita. La parte consacrata alla questione dell’energeia nel pensiero del Confessore (cf. pp. 127-185) sfocia nelle questioni legate alle controversie cristologiche del VII secolo. Massimo rivela una grande coerenza nell’uso del termine in questione. Parla dell’operazione come dell’espandersi dell’unica sostanza di Dio, dell’attività divina a favore dell’umanità. Eνεργια si riferisce all’attività degli esseri creati e si presenta come un loro elemento costitutivo. Lo studio analitico di hexis percorre le stesse tappe dell’esposizione precedente: concetto biblico, filosofico e patristico (cf. pp.195-265). Il punto culminante della riflessione è costituito dall’analisi della dottrina massimiana della hexis, che si articola nell’approfondimento della sua antropologia teologica (cf. pp. 267-313). Massimo ha cercato di descrivere il ruolo di hexis nell’esercizio della facoltà di giudicare e nella formazione della volontà in quanto espressione della libertà umana. Per l’uomo, è essenziale la possibilità di dare al proprio essere una orientazione di comportamento specifico, che è la vita virtuosa. Dal materiale presentato dal Renczes risulta che il Confessore intende energeia come uno sviluppo di tutta la sostanza nel suo attaccamento all’essere. Invece la hexis si presenta nella prospettiva antropologica perché suscita la disposizione alla virtù etica e spirituale, che scaturisce dall’Essere assoluto. Si ha qui la traccia evidente della spiritualità ascetico–mistica del Confessore.

La divinizzazione si presenta come risultato dell’“operazione” congiunta all’habitus. Eνεργια e εξις coinvolgono la persona umana nella relazione misteriosa e affascinante con Dio attraverso l’aiuto dato da Gesù Cristo. Il Renczes sviluppa questo tema nella terza parte del suo studio (cf. pp. 319-363). Per l’uomo che agisce nella libertà ciò significa porsi sotto l’influsso dell’azione di Dio, cioè del dono di vita operato dallo Spirito. Energeia e hexis sono analizzate secondo la prospettiva dell’essere divinizzato, che così raggiunge il suo fine supremo. Secondo la visione massimiana, energeia è la attualizzazione ultima dell’unione con Dio alla quale la persona umana deve tendere. Invece hexis indica la condizione dell’uomo divinizzato. Si hanno così due poli disposti secondo due principi essenziali: finalità e analogia. Per il Confessore il primo concetto va identificato con il fine ultimo, invece il secondo rivela una avvertenza particolare di carattere cristologico e pneumatologico. Grazie a questi chiarimenti si constata che il grande merito di Massimo consiste non solo nell’aver approfondito con singolare acume ed equilibrio la terminologia cristologica così da rappresentare la sintesi ed il compimento della speculazione patristica a lui precedente, ma anche di saper leggere, nella prospettiva di “analogia”, le nozioni di energeia e hexis nella misura in cui esse esprimono l’unità e la differenza tra gli esseri. Tra loro c’è l’uomo che, “per natura”, aspira a Dio. Questa aspirazione “naturale” si realizza pienamente nel battesimo, che rende la creatura caduta capace di combattere il peccato ed attuare le virtù in uno sviluppo non soltanto “morale”, ma essenzialmente “ontologico” della sua persona. Lo Spirito Santo, invece, si presenta nella molteplicità degli eventi particolari.

Il trittico ontologico – etico – teologico sviluppato dal Renczes si accorda perfettamente con l’idea di Massimo circa l’identità della creazione come un processo dinamico orientato verso un fine escatologico – Cristo. In quanto creatore, il Logos sta come il “principio” della creazione e, incarnato, egli è anche il suo “fine”, quando tutte le cose esisteranno non soltanto “per mezzo di lui” ma “in lui”. Per essere “in Cristo” la creazione doveva essere assunta da Dio, fatta “sua” e perciò l’incarnazione, è una precondizione della glorificazione finale dell’uomo. Nella persona di Cristo, nella realtà sacramentale del suo corpo e nella vita dei santi è anticipata la trasfigurazione dell’intero cosmo; ma il suo compimento in potenza deve ancora venire. Questa glorificazione però è già realmente un’esperienza viva accessibile a tutti i cristiani, specialmente nella liturgia.

Non é facile accostarsi ad un autore complesso come Massimo, ma sicuramente saranno numerosi gli studiosi che consulteranno l’opera del Rencesz. Per fortuna il volume possiede, oltre alla bibliografia scelta (cf. 373-392), anche gli indici: delle citazioni delle opere di Massimo il Confessore (cf. pp. 393-409), dei nomi (cf. pp. 407-410) e delle parole greche (cf. pp. 411-414). Si nota la mancanza di altri indici, come di quello biblico o delle opere patristiche, i quali accrescerebbero la facilità di consultazione dell’opera. Solo in parte supplisce a questa mancanza l’indice analitico (cf. pp. 417-423). Alle volte il Renczes riporta le statistiche riguardanti la terminologia analizzata e propone schemi grafici. Questi elementi rendono lo studio in questione più invitante alla lettura e alla consultazione. Prescindendo dall’innegabile valore scientifico del libro, è doveroso accennare che si tratta di un contributo non trascurabile per la riscoperta della fede dei Padri in tutta la sua dinamicità: in quanto possesso e tensione, scoperta e ricerca, a metà tra la condizione presente e l’avvenire escatologico, l’incontro tra l’agire di Dio e la libertà umana. La pienezza della rivelazione non sopprime, ma intensifica la riflessione sulla verità ontologica dell’essere, sulla strada da seguire e sulla tensione verso il compimento.


 
 
 
 
 
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