> > > de seixas Correa Friday 29 March 2024
 


 
 
 
 
Foto de seixas Correa Luiz Felipe , Acta diei academici: L’accordo Brasile – Santa Sede e lo stato laico brasiliano, in Antonianum, 86/3 (2011) p. 509-518 .

Lo Stato laico rappresenta una delle più significative conquiste dell'uma­nità. Nella cultura occidentale, le sue origini risalgono alla Rivoluzione Fran­cese, a partire dalla quale si consolidano i principi relativi alla democrazia ed ai diritti umani. Per il cristianesimo, l'origine della laicità si trova nello stesso Vangelo secondo Matteo. "Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" (Mat. 22, 21). Queste semplici parole attribuite allo stesso Gesù mentre dialogava con un gruppo di farisei, stabiliscono chiara­mente e stringatamente una separazione fra il temporale e lo spirituale, fra due ordini non necessariamente antagonisti, né necessariamente integrati, ma idealmente separati ed ubbidienti a logiche differenziate. Una dualità oggi riconosciuta come necessaria per la corretta gestione sia della sfera pub­blica statale, che di quella religiosa.

Anche se il cristianesimo, così come tutte le grandi religioni, stabilisce principi e regole per dirigere il comportamento dei fedeli inseriti nell'or­dine temporale, le forme di organizzazione associate allo Stato teocratico medievale, che tanta influenza esercitano sulla stessa concezione, attuazione ed irradiazione della cosiddetta cultura occidentale, appartengono al passato cristiano.

Gli Stati teocratici e gli Stati confessionali prescindono, in linea di prin­cipio, da accordi con aurorità religiose. Nel primo caso, perché incorporano nel loro ordinamento giuridico l'ordine religioso prevalente e, nel secondo, per la concessione del carattere di confessione dello Stato a una determina­ta religione. Tuttavia uno stato laico, nel pieno esercizio della sua potestas, può perfettamente, senza alcun pregiudizio alla sua laicità, concludere in­tese, conciliazioni, oppure, come nel caso della Chiesa Cattolica, Accordi Internazionali in merito ai vari aspetti dell'esercizio dei culti nella propria giurisdizione statale.

Quest'ultimo è stato il caso configurato, il 13 novembre del 2008, alla conclusione dell'Accordo Brasile-Santa Sede sullo Statuto Giuridico della Chiesa Cattolica in Brasile. Si tratta di un ampio strumento internazionale, composto da un Preambolo e da venti articoli. L'obiettivo principale dell'Ac­cordo, cosi come condiviso dalle due parti contraenti, è quello di consoli­dare, in un unico ed esteso strumento, lo statuto giuridico della Chiesa in Brasile, definendo le condizioni istituzionali per lo svolgimento della sua missione apostolica e pastorale. Si mantengono fedelmente nel testo i prin­cipi relativi alla separazione tra Stato e Chiesa ed alla libertà religiosa incor­porati, nel corso della storia, all'ordinamento giuridico brasiliano grazie alle buone relazioni dello Stato con la Chiesa Cattolica, così come con istituzioni religiose di altre denominazioni.

Il Brasile, di fatto, non disponeva di un accordo bilaterale come quelli mantenuti dalla Santa Sede con diversi paesi, destinati a regolare i vari aspetti delle relazioni bilaterali all'altezza del contributo della Chiesa Cattolica per la formazione storica, culturale ed educativa del Brasile e, più recentemente, del suo ruolo sia nel ripristino della democrazia in Brasile, soprattutto nella protezione e promozione dei diritti umani, sia nel rafforzamento del con­cetto di cittadinanza in Brasile, attraverso il suo impegno nella presa di co­scienza da parte della società riguardo le disuguaglianze prevalenti nel paese.

L'Accordo è stato approvato dal Congresso Nazionale brasiliano il 7 ot­tobre del 2009 e promulgato dal Presidente Lula l'il febbraio 2010, dopo lo scambio di strumenti di ratifica presso la Segreteria di Stato del Vaticano il 10 dicembre del 2009. Si trova, dunque, pienamente in vigore, nonostan­te recentemente sia stata presentata un'Azione Diretta di Incostituzionalità presso il Supremo Tribunale Federale, alla quale farò riferimento più avanti.

Il Negoziato

La proposta di celebrazione di un ampio Accordo riguardante lo status della Chiesa Cattolica in Brasile è stato formalmente presentato al Presiden­te Lula il 12 settembre 2006 dal Nunzio Apostolico a Brasilia, Dom Lo­renzo Baldisseri, accompagnato dal Presidente della CNBB, Dom Geraldo Majella, dal Segretario Generale della CNBB, Dom Odylo Scherer (oggi Cardinale Arcivescovo di San Paolo) e dall'allora Cardinale Arcivescovo di San Paolo, Dom Claudio Hummes. Il testo consegnato dal Presidente Lula è stato presentato come risultato di un obiettivo comune della Santa Sede e della CNBB.

Il Presidente Lula ha dato al Ministero degli Affari Esteri l'incarico di coordinare il gruppo interministeriale incaricato di esaminare la proposta e di realizzare i negoziati del caso. Vista l'ampiezza del testo e la natura delle tematiche trattate nella proposta originale, il Gruppo negoziatore brasiliano includeva rappresentanti del Gabinetto Civile della Presidenza e dei Ministe­ri di Giustizia, Educazione, Economia, Cultura, Città, Lavoro ed Impiego, Previdenza Sociale, Salute e Difesa, coordinati dal Capo del Dipartimento dell'Europa del Ministero degli Affari Esteri.

La controproposta brasiliana è stata presentata alla Nunziatura nel mar­zo del 2007. A maggio, in occasione della sua visita in Brasile per la CE-LAM, Papa Benedetto XVI ha manifestato al Presidente Lula il suo desiderio di vedere lo strumento firmato durante il suo pontificato. Da parte sua, il Presidente Lula ha espresso la propria determinazione affinché ciò avvenisse durante il suo mandato.

I negoziati si sono intensificati a partire dal settembre 2007 quando la Nunziatura, dopo lunghe consultazioni con i vertici ecclesiastici in Brasile e con la Curia Romana, ha reagito alla controproposta brasiliana e ha presenta­to un nuovo testo. Il gruppo interministeriale, a sua volta, si è riunito diverse volte per esaminare il progetto. In ogni momento, i negoziatori brasiliani hanno ribadito le seguenti premesse:

  1. l'importanza che l'accordo preservasse i principi costituzionali di li­bertà religiosa e non discriminazione sulla base di credenze;
  2. la necessità che venissero rigorosamente osservati i limiti prescritti dalla Costituzione nello stabilire diritti e doveri per quanto attiene all'attività delle organizzazioni religiose nei vari settori contemplati dal testo;
  3. l'imperativo di mantenere la parità di trattamento di tutte le fedi le­ galmente insediate in Brasile.

La Santa Sede ha giustificato il suo interesse per l'Accordo in base all'af­fermazione che il Brasile era l'unico grande paese a maggioranza cattolica con il quale non vi era ancora un Accordo atto a disciplinare giuridicamente le relazioni bilaterali e l'azione della Chiesa. Fino ad allora, di fatto, no­nostante il Brasile e la Santa Sede mantenessero relazioni diplomatiche dal 1826, avevano celebrato solamente due accordi con scambio di note: uno per disciplinare il flusso delle valigie diplomatiche (1935) e l'altro relativo all'assistenza religiosa delle Forze Armate (1989).

L'accordo

L'accordo è formato da 20 articoli. Le basi dell'Accordo, per la Santa Sede, constano nei documenti del Concilio Vaticano II e del Codice di Di­ritto Canonico, mentre il Brasile si basa sul proprio ordinamento giuridico. Il preambolo riafferma l'adesione al principio di libertà religiosa, riconoscen­dosi il precetto costituzionale brasiliano che garantisce il libero esercizio dei culti religiosi. Nei suoi articoli operativi, l'Accordo consolida tutta una serie di norme in vigore antecedentemente nelle diverse sfere giuridiche brasilia­ne. Prendendo come fondamento il diritto di libertà religiosa, il Brasile rico­nosce alla Chiesa Cattolica il diritto di svolgere la sua missione apostolica e garantisce l'esercizio pubblico delle sue attività in accordo con l'ordinamento giuridico brasiliano, compromettendosi a riconoscere la personalità giuridi­ca delle istituzioni ecclesiastiche nei termini della legislazione brasiliana. Si dispone, inter alia, sulle tematiche connesse al patrimonio storico, artistico e culturale della Chiesa Cattolica che comprende una parte sostanziosa del patrimonio culturale brasiliano. Sulla protezione dei luoghi di culto della Chiesa Cattolica; l'assistenza ai fedeli ricoverati presso gli ospedali, nelle istituzioni di assistenza sociale, di educazione o ai detenuti nelle prigioni; il riconoscimento reciproco dei titoli di studio di vario ordine e grado; il matrimonio religioso con effetti civili; il segreto dell'ufficio sacerdotale, spe­cialmente quello della confessione; questioni di visto e altre. L'argomento più controverso emerso durante il negoziato dell'Accordo e nel processo di ap­provazione legislativa è stato indubbiamente quello riferito all'insegnamento religioso. Il testo finalmente approvato prevede che il Brasile rispetti l'impor­tanza dell'insegnamento religioso in osservanza del diritto di libertà religiosa, di diversità culturale e di pluralità confessionale del paese. L'insegnamento religioso — cattolico e di altre confessioni religiose — (nel linguaggio il cardine della controversia!) costituisce una disciplina degli orari normali delle scuole d'obbligo pubbliche. La registrazione sarà facoltativa, assicurando il rispetto della diversità culturale religiosa del Brasile, in accordo con la Costituzione e con le leggi, senza discriminazione alcuna.

La domanda posta da alcuni settori laici brasiliani circa l'opportunità del processo di negoziato e approvazione legislativa dell'Accordo riguarda la necessità e la formalità di uno Strumento Internazionale. Sappiamo che la Santa Sede, in quanto espressione giuridica del governo centrale della Chiesa Cattolica è un'entità sui generis dotata di sovranità.

Il giorno successivo alla firma dei Patti Lateranensi, nel 1929, l'Amba­sciatore del Brasile presso la Santa Sede, Carlos Magalhàes de Azeredo, in  qualità di Decano del Corpo Diplomatico, esprimeva al Papa la nozione che lo Stato Vaticano fosse stato costituito "con l'unico obiettivo di stabilire che l'attributo di indipendenza reale e visibile non mancasse alla maestà della Santa Sede, così come consacrata nei secoli... Questo lembo di territorio è materialmente piccolo, ma virtualmente immenso...".

Secondo gli esperti in trattati di Diritto Internazionale, la Chiesa Catto­lica è considerata come una societas juridiceperfetta dotata, quindi, di un or­dinamento giuridico primigenio e primario e di sovranità inerente. La Santa Sede esercita pienamente gli attributi classici previsti dal Diritto Internazio­nale, tra i quali quello di concludere Trattati e altri Strumenti Internazionali. Non vi è dubbio quanto al fatto che, anche se il diritto canonico considera che la sovranità della Santa Sede sia fondata ex ipsa ordinazione divina, le sue relazioni con la comunità internazionale si regolano pienamente attraverso il principio dell'uguaglianza sovrana, così come consacrato dalla Carta delle Nazioni Unite. La Santa Sede ha, per così dire, una doppia personalità: da una parte, è l'istituzione suprema della Chiesa Cattolica e, dall'altra, l'isti­tuzione suprema del Governo dello Stato della Città del Vaticano, sul quale esercita sovranità. Nel firmare un Accordo con una Potenza straniera su temi collegati alla sua azione istituzionale, come nel caso dell'Accordo firmato con il Brasile nel novembre 2008, la Santa Sede agisce, in qualche modo, con entrambe le sue personalità.

11 Significato dell'Accordo

Affinché l'Accordo possa essere adeguatamente compreso e contestua­lizzato, si rende necessaria una breve digressione storica circa la natura della relazione tra Chiesa e Stato in Brasile. Nel periodo coloniale, in Brasile vi­geva il cosiddetto regime di "patronato" che prevaleva in Portogallo. Secon­do l'antica tradizione portoghese, la religione cattolica apostolica romana si costituiva in religione ufficiale dello Stato. La Corona disponeva di una serie di prerogative, come esigere un beneplacito imperiale per l'applicazione dei decreti, regolamenti o disposizioni della Santa Sede e la competenza a designare prelati o incarichi ecclesiastici. L'azione diretta della Chiesa e de­gli Ordini religiosi in Brasile durante la colonizzazione fu particolarmente intesa sia sotto l'aspetto "spirituale", sia per quanto concerne l'occupazione del territorio, l'organizzazione sociale, l'educazione e la loro attività politica.

Dopo l'indipendenza, con la Costituzione del 1824 (articolo 5°) ven­ne tassativamente stabilito che: "la Religione Cattolica Apostolica Romana continuerà ad essere la religione dell'Impero. Tutte le altre religioni verranno  consentite con il loro culto domestico o privato, in case a questo destinate, senza alcuna forma esterna di tempio". Si assicura, ugualmente, la libertà religiosa (5° comma dell'articolo 102): "Nessuno può essere perseguitato a causa della sua religione, dal momento in cui rispetti la legge dello Stato e non offenda la morale pubblica". Venne mantenuto, contemporaneamente, (4° comma, articolo 102), così come in Portogallo, il diritto di beneplacito imperiale quanto alla validità o meno nel paese dei "decreti dei concili e lettere apostoliche o qualsiasi altra costituzione ecclesiastica che non si oppo­nessero alla Costituzione".

E' stata proprio quest'impalcatura giuridica ambivalente la causa di una delle crisi più serie che segnarono gli anni finali della monarchia in Brasile: la cosiddetta "questione religiosa". In quell'episodio, provocato dalla decisione dei vescovi Mons. Vital de Oliveira (Olinda) e Mons. Pedro Maria de Lacer-da (Para) di non riconoscere, nelle rispettive diocesi, autorità civili legate alla massoneria, si evidenziarono le interpretazioni contraddittorie che la "Chiesa romana" e le alte autorità del potere politico ed economico brasiliano aveva­no del regime di patronato. Secondo i sacerdoti, in sintonia con l'ortodossia romana e determinati a correggere le maniere divergenti e tolleranti del clero secolare brasiliano, visto che esisteva una religione ufficiale, questa avrebbe dovuto prevalere sugli atti dello Stato. Per il Governo, al contrario, la ragione di Stato era suprema, mentre la Chiesa, nella sua condizione di istituzione dello Stato medesimo, era tenuta a rispettarla in tutte le sue prerogative ed attività.

Il tempo, la distanza fra Roma ed il Brasile, le circostanze della vita nella remota colonia e, successivamente, nel singolare Impero sudamericano furono le cause che contribuirono a creare diverse situazioni anomale: una certa differenziazione fra l'ordine giuridico e la realtà, che del resto è tuttora presente in Brasile.

La proclamazione della Repubblica nel novembre 1889 dissolse le am­bivalenze prevalenti nel sistema coloniale e nel regime monarchico. Già nel gennaio 1890, il Governo provvisorio di Deodoro da Fonseca stabilì, tramite il Decreto 119-4, redatto da Ruy Barbosa, piena libertà di culto ed estinse il patronato, vietando gli interventi delle autorità federali e degli Stati in mate­ria religiosa. I leader cattolici brasiliani reagirono negativamente alla nuova disposizione di legge. La Pastorale collettiva dei Vescovi del Brasile del marzo 1890 decretò "cosa sarà di te, caro, povero popolo del Brasile se, oltretutto, ti rubano la fede, e rimani senza Dio, senza Dio in famiglia, senza Dio a scuola, senza Dio nel governo e negli uffici pubblici...". Perseverando nell'ambiguità del rapporto tra Chiesa e Stato, la pastorale si esprimeva per sofismi: "Così, se la Chiesa è sempre zelante sulla propria indipendenza nelle cose spirituali, trova anche lo Stato, fautore più estremo della sua autonomia e dei suoi diritti nelle cose temporali. Ma autonomia non significa separazione (sotto­lineatura mia) [...] La società religiosa e la società civile, nell'essere perfetta­mente indipendenti e distinte l'una dall'altra, hanno, tuttavia, un punto di contatto: l'identità dei soggetti che devono orientare verso le finalità proprie di ciascuna. Da ciò consegue che coloro che costituiscono la società civile sono, difatti, esattamente gli stessi fedeli che fanno parte della società religio­sa, i membri dello Stato sono al tempo stesso membri della Chiesa. Il primo li conduce alla felicità del tempo, la seconda a quella dell'eternità. Tuttavia, visto che ognuna di queste società ha un potere supremo, un governo, leggi, giudici e compie la propria azione nell'ambito della difesa delimitata dal­la propria natura, ne consegue che i membri che le compongono ricevono l'impulso di una doppia virtù operativa, sono retti da un ordine duplice, in una parola, sono soggetti ad una doppia giurisdizione [...] I cittadini devono obbedire alle leggi dello Stato, i fedeli devono obbedire alle leggi della Chie­sa. Chiedere, però, allo Stato di legiferare per i cittadini lasciando da parte il rispetto dovuto all'autorità religiosa della Chiesa, alla quale sono soggetti i cittadini medesimi e, viceversa, chiedere alla Chiesa di esercitare la propria giurisdizione sui fedeli senza guardare allo Stato di cui sono soggetti anche i fedeli stessi, è un sistema, agli occhi del senso comune e della più volgare equità, di per sé ingiusto e inattuabile nella pratica".

Il tempo si sarebbe incaricato di relativizzare queste iniziali reazioni ne­gative alla separazione tra Chiesa e Stato in Brasile. Consacrato nella Co­stituzione del 1891, il principio venne mantenuto in tutte le Costituzioni successive, fino a quella attuale, approvata dopo il ritorno alla normalità democratica del Paese nel 1988. Il cosiddetto "regalismo", ossia la costante ingerenza dello Stato nella sfera ecclesiastica, propria dei periodi coloniale e monarchico, scomparse con la laicizzazione dello Stato. E la Chiesa Cattolica passò gradualmente a percepire e valorizzare le virtù della separazione.

La collaborazione tra Stato e Chiesa nel periodo della Vecchia Repub­blica fu, prevalentemente, positiva. Nel 1928, ad esempio, il Governo di Minas Gerais autorizzò l'insegnamento religioso nell'orario scolastico negli istituti pubblici. Il Presidente Campos Sales visitò il Papa Leone XIII nel 1898, in occasione del suo viaggio in Europa prima di assumere la guida del paese. Il Brasile si distinse nel 1905 con il primo Cardinalato dell'America del Sud. Durante il periodo di Vargas, i rapporti istituzionali tra Chiesa e Stato rimasero di segno positivo. Nel secondo governo Vargas, si avviarono le pratiche per la realizzazione a Rio de Janeiro del XXVI Congresso Eucaristico Internazionale. Il Presidente Kubitschek, a sua volta, si mantenne sempre vicino alla gerarchia cattolica brasiliana. Per suo volere, l'arcivesco­vo Helder Camara venne a Roma dove, accompagnato dall'Ambasciatore del Brasile presso il Vaticano, Moacyr Briggs, invitò Papa Giovanni XXIII a partecipare all'inaugurazione di Brasilia. L'invito non potè essere accettato, ma il Papa inviò un messaggio significativo. Il Presidente Quadros, duran­te il suo breve incarico, non mancò di rafforzare il rapporto con la Chiesa cattolica accettando la proposta della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB) di attuare un Movimento per l'istruzione di base (MEB) attraverso stazioni radio cattoliche, grazie ad un Accordo con il Ministero dell'Istruzione e della Cultura. Sia il periodo della presidenza di Joào Goulart che il regime militare sono stati caratterizzati da una costante interazione tra i leader religiosi e laici e il Governo. Inizialmente mobilitati per scongiurare il "pericolo comunista" che intravedevano nel governo Goulart e quindi per sostenere l'ordine autoritario che seguì, i vertici religiosi lentamente e gra­dualmente presero le distanze dal potere politico ed iniziarono ad agire come agenti forti a favore dei principi democratici e dei diritti umani in Brasile.

Dal ripristino della democrazia in poi, praticamente tutti i presidenti hanno incontrato il Papa, mantenendo i rapporti tra Stato e Chiesa di ampia e reciproca soddisfazione. Nel giugno 1980, Papa Giovanni Paolo II fece la prima delle sue tre visite in Brasile. Il 25 gennaio 1985, il Presidente eletto Tancredo Neves visitò il Vaticano. Il 10 giugno 1986, il Presidente José Sar-ney fece visita al Papa ed il 12 dicembre 1990 il Presidente Fernando Collor fece lo stesso. Nel mese di ottobre 1991, Papa Giovanni Paolo II si recò in Brasile per la sua seconda visita pastorale. Nel febbraio 1997, il Presidente Fernando Henrique Cardoso fece quella che sarebbe stata la prima visita di Stato di un Presidente brasiliano presso la Santa Sede. Nello stesso anno, Giovanni Paolo II avrebbe fatto la sua terza e ultima visita in Brasile, per presiedere al Secondo Incontro Mondiale con le Famiglie a Rio de Janeiro. Nel 1999, il Presidente Cardoso si recò dal Papa in udienza privata, ritor­nandovi poi nel 2002 per la canonizzazione di Madre Paolina. Nel maggio 2007, Papa Benedetto XVI fece un viaggio in Brasile (il suo unico viaggio intrapreso finora in America Latina) per partecipare alla Quinta Conferenza Episcopale per l'America Latina ed i Caraibi - CELAM - tenutasi ad Apare-cida do Norte. Si riunì, precedentemente, con il Presidente Lula a San Paolo, occasione nella quale il Presidente ribadì l'interesse a preservare e rafforzare lo stato laico e contare sulla religione come mezzo per avvicinarsi allo spirito ed ai problemi sociali. Infine, nel novembre 2008, il Presidente Lula è stato in Vaticano, dove è stato ricevuto in udienza privata da Papa Benedetto XVI ed ha presieduto insieme al Segretario di Stato, Cardinale Bertone, alla ceri­monia della firma dell'Accordo Santa Sede-Brasile.

Con il nuovo Accordo, la Chiesa cattolica acquista una maggiore cer­tezza giuridica per le sue attività in Brasile, consolidando in un unico testo i diritti e gli obblighi dispersi in diversi strumenti giuridici. L'accordo è altresì vantaggioso per lo stato brasiliano che, nel ribadire la sua rigorosa laicità, stabilisce in un documento giuridicamente vincolante un quadro chiaro e preciso per i suoi rapporti con la Chiesa cattolica. Sottolineiamo il fatto che nessun articolo della convenzione è al di sopra della legge ordinaria e costituzionale. L'accordo favorisce inoltre le altre religioni riconosciute come tali, dal momento che queste dispongono oggi di standard da cui partire per poter rivendicare il riconoscimento di prerogative analoghe.

L'azione diretta di incostituzionalità

Il 30 luglio 2010, l'Ufficio del Procuratore Generale ha presentato un ricorso diretto di incostituzionalità contro l'accordo presso la Suprema Corte Federale. Una siffatta procedura è prevista dalla Costituzione. La Corte Su­prema ha accolto il ricorso che è ora in fase d'esame. La Conferenza Nazio­nale dei Vescovi del Brasile (CNBB), in coordinamento con la Nunziatura, agisce con intraprendenza per sostenere, come aveva già fatto nel corso dei dibattiti legislativi precedenti la ratifica dell'Accordo, la sua perfetta costi­tuzionalità. Allo stesso modo, il Governo, attraverso gli opportuni canali istituzionali, sta fornendo alla Corte Suprema gli elementi necessari per la sua decisione.

Gli argomenti su cui si basano i fautori dell'incostituzionalità sono le­gati all'articolo 11, § 1, dell'accordo in materia di educazione religiosa. In particolare, il Procuratore Generale sostiene che, secondo la Costituzione, l'educazione religiosa nelle scuole pubbliche non può che essere non-con­fessionale. Chiede, pertanto, che la Corte Suprema affermi chiaramente tale interpretazione e vieti l'ammissione di professori in qualità di rappresentanti di confessioni religiose. Oppure, per stabilire la incostituzionalità del passag­gio virgolettato nell'articolo 11 dell'Accordo, nel quale si esplicita che l'in­segnamento religioso "cattolico e di altre confessioni religiose", di iscrizione facoltativa, costituisce disciplina degli orari normali dell'insegnamento della scuola d'obbligo, fatto salvo il rispetto della diversità religiosa del Brasile, in conformità con la Costituzione e le altre leggi vigenti, senza alcuna discri­minazione. La confusione tra Stato e religione in questo campo, sostiene

l'accusa, "non solo viola il principio costituzionale di laicità dello Stato ma evita di promuovere l'autonomia dell'educando".

Essendo la questione sub judice, non spetta a me formulare opinioni o valutazioni personali in merito. Volevo solo dichiarare — e qui chiudo la mia presentazione - che, in qualità di coordinatore del gruppo interministeriale che ha negoziato l'accordo, il Ministero degli Affari Esteri ritiene che lo stes­so - come ripetutamente affermato in Congresso anche durante il processo di approvazione legislativa - è conforme al sistema giuridico brasiliano. Ri­badisco che, anche se sub judice, l'Accordo è pienamente in vigore, lasciando alle parti la sua attuazione.


 


 


 


 


 
 
 
 
 
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