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Revista Antonianum
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Foto Nobile Marco , Recensione: A.J. Saldarini, Farisei, Scribi e Saducei , in Antonianum, 79/3 (2004) p. 576-577 .

La serie dei “supplementi” del felice corso d’introduzione agli studi biblici della Paideia si arricchisce di un nuovo volume che nel mondo esegetico ha avuto un certo successo. Era l’anno 1988 quando il saggio è uscito per la prima volta; subito dopo l’autore è morto prematuramente, ma l’editore Eerdmans nel 2001 ha pensato che valesse la pena ripubblicare lo stesso testo per la stimolante discussione che esso ha suscitato nel mondo degli studiosi. Una novità importante di questa edizione è l’introduzione del noto studioso James C. VanderKam che lumeggia il valore dell’opera e la inquadra anche nel contesto di studi nel quale ha visto la luce. Di sicuro, il Saldarini ha svolto uno studio originale sul tema dei gruppi giudaici dell’”epoca di Gesù”, protagonisti in particolare dei vangeli, anche se non è stato il primo, ma è comunque tra i primi che hanno sviscerato l’argomento in modo sistematico, applicando una metodologia sociologica ispirata soprattutto agli studi di Gerhard Lenski, ma anche a quelli di S.N. Eisenstadt e J. Turner. In tale ricerca, l’autore si preoccupa meno di quello che pensavano i suddetti gruppi, e più di come agivano all’interno di una società: il modello cui egli s’ispira è quindi di tipo funzionalista. Originale è l’idea che i farisei in particolare rappresentassero quella categoria mediana tra il vertice di potere e la base popolare, che il Lenski chiama degli “addetti ai lavori”, e che oggi sarebbe rappresentata dalla borghesia. Il S. è conscio che le sue applicazioni vadano fatte con estrema prudenza data la differenza notevole tra quelle società e la società moderna, e tuttavia egli tenta tale tipo di lettura. La sua analisi ha avuto nel mondo anglosassone una vasta risonanza, anche se non tutti l’hanno accolta con favore. Oltre alla critica legata a quanto detto sopra e che inerisce ad ogni ricerca di tipo sociologico, legata ideologicamente alla mentalità contemporanea, un non lieve limite dello studio del S. è costituito dallo scarso uso che fa della letteratura di Qumran. Una giustificazione può essere che certi testi importanti erano ancora in corso di pubblicazione, come l’eccezionale documento siglato 4QMMT (Miqsat ma’ase’ ha-torah = “brani di Torà”). Testi come tale documento giuridico avrebbero potuto costituire un discreto appoggio all’uso che l’autore fa della letteratura rabbinica, la quale però, come lui stesso ammetteva, non può essere adoperata come fonte storica attendibile, perché posteriore e legata agli interessi dei maestri del medioevo; e tuttavia, proprio 4QMMT rivela che certe affermazioni posteriori dei rabbini circa i farisei e i sadducei hanno un certo fondamento storico e vanno rivalutate più di quanto sia stato fatto finora. Al di là di questi limiti storici, rimane comunque che l’opera del S. è ancora utile per una disamina sistematica di questi gruppi giudaici, oggigiorno ancora non completamente conosciuti, anzi, al contrario, sono emersi così tanti problemi che la discussione va avanti vivace e certamente il libro del S. vi occupa un posto di primo piano.


 
 
 
 
 
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